Studio Legale Internazionale

mercoledì 25 giugno 2014

La successione ereditaria, quando non risulti fatta oggetto di una “apposita” disciplina, può divenire un temibile “vaso di pandora” capace di generare dissidi e conflitti finanche all’interno dei più solidi equilibri familiari. 
Non a caso si è parlato di “apposita disciplina”. 
E’ di tutta evidenza, infatti, che l’utilità pratica, economica e giuridica del veicolo testamentario, (qualunque forma esso rivesta) è destinata ad essere pressocchè annullata, con buona pace della stabilità, della certezza degli effetti successori e dei rapporti familiari, in tutti i casi in cui, il processo di traduzione della volontà testamentaria in termini giuridici non abbia luogo mediante il ricorso agli istituti più appropriati e senza considerare i più importanti postulati della materia ereditaria. Se la forma è un inutile orpello quando non è asservita ad un valido contenuto, a ben poco, allora, potrà servire un testamento formalmente ineccepibile ma contenutisticamente inesatto. 
Fatta questa opportuna premessa, con le brevi riflessioni che seguiranno, senza alcuna pretesa di esaustività, si intende offrire al lettore una summa di spunti concettuali da tenere presenti laddove egli desideri intraprendere la redazione di un testamento olografo. Tale forma, infatti, essendo l’unica di cui qualsiasi individuo capace di intendere e di agire può servirsi in completa autonomia, potrebbe celare un elevato potenziale di rischio laddove se ne faccia uso senza osservare precise precauzioni. 

1. Eredità e legato, incertezze definitorie

Pietra miliare in subiecta materia, è la distinzione tra istituzione di erede e legato. La poca familiarità con tale distinzione ha infatti generato l’uso, inveterato nella prassi, di espressioni sintatticamente corrette ma giuridicamente discutibili, quali “lascio a Tizio la mia casa”, “lascio a Mevio la mia autovettura”, capaci di accendere le diatribe interpretative più acute in famiglia e, conseguentemente, nelle aule dei Tribunali. 
Erede è colui che è chiamato a subentrare nell’universum ius defuncti, ossia nella totalità delle posizioni giuridiche, patrimoniali e non patrimoniali capaci di essere veicolate dal fenomeno successorio. La istituzione ereditaria può aver luogo con o senza la espressione di una “quota”. Ciò non è un dato da trascurare, posto che tale quota rappresenterà la misura in cui l’erede parteciperà alla successiva fase di divisione e sarà responsabile per i debiti ereditari. 
L’eredità, affinchè possa essere adita, richiede un formale atto di accettazione che, a seconda delle modalità e degli effetti, può essere “puro e semplice”, ovvero “con beneficio di inventario”. Si deve tuttavia precisare che, in particolari ipotesi stabilite dalla legge, certe attività poste in essere dall’erede determinano una accettazione “tacita” della eredità (tra queste rientrano, ad esempio, la vendita di alcuni cespiti ereditari; non rientra nella categoria in commento l’adempimento degli oneri fiscali legati alla successione). 
Legatario è invece colui cui è attribuito solamente un bene (rectius : un diritto) o più beni specificatamente determinati dal testatore. Non a caso si parla, in questo caso, di “successione a titolo particolare”. 
Tale strumento risulta alquanto polivalente, nella misura in cui offre al testatore non solo la possibilità di trasferire determinati beni in via immediata (ben inteso, con effetto decorrente dalla apertura della successione) ma anche di creare obblighi e oneri, consistenti in una precisa attività o, in generale, in un dare, in un non dare e/o in un facere o in un non facere. 
A tale ultimo proposito, è fondamentale ricordare che il legato, diversamente dalla istituzione di erede, postulando lo svolgimento di una attività strumentale alla sua esecuzione, necessita di un soggetto “onerabile” del relativo “peso”. Per tale ragione, la legge prescrive che onerabile del peso di un legato possa essere esclusivamente un erede o un altro legatario, tertium non datur. 

2. I legittimari 


Sebbene il legislatore profonda grandi sforzi per tutelare la libertà del testatore in sede di testamentifazione, fino a quasi ammantare di sacramentalità tale momento, in realtà la libertà di cui gode è più limitata di quanto possa sembrare. 
Il sistema normativo italiano pone una ben determinata categoria di soggetti, i c.d. legittimari, in posizione apicale nel sistema successorio. Ad essi sono riconosciute particolari prerogative di natura patrimoniale che finiscono per incidere sensibilmente sulla capacità del testatore di disporre dei propri beni. 
Il coniuge superstite, i figli e, in caso di assenza fisica di questi ultimi (cioè nel caso di soggetto morto senza figli) gli ascendenti, esauriscono la categoria in commento. E’ in loro favore prevista una quota ereditaria “riservata” intangibile e insacrificabile, chiamata “legittima” (il cui calcolo viene effettuato tenendo conto del numero dei legittimari e della loro “qualità”) nonché “altri diritti” di varia natura ed indole. Nel caso in cui tale quota risultasse lesa, perché di valore inferiore rispetto a quanto stabilito dalla legge, ovvero nel caso di diretta esclusione o “diseredazione” del legittimario, questi potrà attivare appositi strumenti di tutela quali la c.d. “azione di riduzione” e “azione di restituzione”. Tale ultima azione può essere esperita non solo nei confronti dei soggetti che hanno beneficiato delle disposizioni risultate lesive dei diritti del legittimario, ma anche nei confronti dei terzi aventi causa da questi. 
E’ quindi evidente che, in presenza di “legittimari”, occorre prestare attenzione affinchè alcuna disposizione del testamento leda anche solo in via parziale i diritti loro spettanti. In caso contrario, sebbene il testamento mantenga la sua efficacia e la sua validità nel suo complesso, non potrà mai garantire al suo autore che il riparto patrimoniale da lui ideato verrà a concretizzarsi pienamente. 

3. Patti successori e la clausola di diseredazione 

In alcun caso potrebbe avere efficacia giuridica nel nostro ordinamento, una pattuizione o una dichiarazione unilaterale contenente una preventiva rinuncia, da parte di un legittimario alla futura rispettiva quota e/o ai rimedi che eventualmente potrebbe esperire a sua tutela. Questo è infatti il portato del cd. “divieto dei patti successori”. 
Del pari, il testatore dovrebbe ben guardarsi dall’inserire nel testamento una disposizione volta a diseredare un legittimario. Essendo tale espressione volta ad escludere un determinato soggetto dalla propria successione, riprendendo quanto già detto poc’anzi, alcun legittimario può essere volontariamente e arbitrariamente escluso dalla successione. Come puntualizzato in numerose occasioni dalla giurisprudenza, una siffatta clausola potrebbe ben fungere allo scopo solo con riferimento a successori legittimi che non siano anche legittimari (dunque, al di fuori del coniuge, dei discendenti e degli ascendenti, chiunque altro può essere diseredato senza che ne derivino conseguenze nefaste sul testamento e il suo contenuto). 

4. La relazione tra le donazioni e la successione : un legame spesso ignorato

Un aspetto che spesso viene trascurato, perché non conosciuto, è l’impatto che le donazioni fatte in precedenza dal de cuius possono produrre sulla successione ereditaria dello stesso. Sebbene nell’immaginario collettivo si sia propensi a ritenere le donazioni alla stregua di fenomeni autonomi, da un punto di vista funzionale e temporale, dalla successione, in realtà esse finiscono per giocare un ruolo tutt’altro che secondario in fase di divisione ereditaria. 
Ciò che si intende in questa sede sottolineare è che le donazioni, in determinati frangenti, costituiscono una “anticipazione” della futura quota ereditaria. L’istituto volto a rendere computabili tali donazioni nel fenomeno successorio è la c.d. “collazione”. 
Il suo perimetro applicativo è ben delineato dal legislatore sulla scorta di presupposti di natura soggettiva, oggettiva e “procedurale”. 
I figli legittimi e naturali, i loro discendenti legittimi (per il caso in cui subentrino a questi ultimi per rappresentazione), e il coniuge sono i fisiologici interlocutori di questo istituto. Presupposti tecnici perché vengano coinvolti da tale onere sono sia l’aver ricevuto una o più donazioni dal de cuius, sia l’aver adito (leggasi : accettato) l’eredità dello stesso. 
E’ oggetto di collazione tutto ciò che è stato donato direttamente o indirettamente dal de cuius. Rientrano, pertanto, a pieno titolo nel perimetro dell’istituto sia quelle erogazioni definibili come “donazioni” sia da un punto di vista formale che sostanziale (il tipico contratto di donazione) sia quelle che sono tali solo da un punto di vista sostanziale-contenutistico (si pensi, ad esempio, alla diffusa prassi dell’acquisto di una casa da parte dei genitori e contestuale intestazione in capo al figlio minorenne : formalmente, si tratta di un contratto di compravendita, sebbene sostanzialmente esso produca effetti liberali). Da un punto di vista pratico, la collazione imporrà al soggetto interessato di “imputare” alla propria quota ereditaria il valore delle donazioni ricevute, costringendolo a prelevare quindi meno beni dall’asse ereditario relitto per comporre la propria quota. 
La collazione è, tuttavia, un meccanismo dispositivo da parte del testatore. Egli infatti può scongiurarne la operatività ricorrendo alla cd. dispensa da collazione, sia nel momento in cui viene stipulato l’atto di donazione sia nel testamento (laddove tale dispensa non sia stata apposta alla donazione). In forza di ciò il donatario sarà ulteriormente avvantaggiato, in quanto potrà trattenere un maggior numero di beni ereditari. 

5. Lineamenti formali del testamento olografo e conclusioni 

Al termine di questo breve excursus, non resta che passare in breve rassegna i lineamenti formali del testamento olografo. 
In virtù delle disposizioni di legge dettate in materia, questo deve essere interamente scritto, sottoscritto e datato di pugno dal testatore personalmente. Per ovvie ragioni, non potrà avvalersene colui che è incapace di leggere, scrivere e/o sottoscrivere. 
Non potrà avere alcuna efficacia un testamento olografo scritto al computer o a macchina sebbene firmato di pugno dal testatore. La ragione di questa esasperazione formale risiede nella considerazione che solo ed esclusivamente attraverso di essa si può essere certi che lo scritto, recante le ultime volontà di un soggetto, possa essere attribuito alla mano e alla mente di quest’ultimo. 
Come già puntualizzato, tale forma testamentaria rappresenta lo strumento più appropriato per chi intenda disciplinare in totale autonomia, intimità ed economicità le sorti della propria successione in modo puntuale e concreto e, sebbene vi possano essere dei “rischi”, a causa della non conoscenza della materia ereditaria e dei principi che la regolano, essi possono essere agevolmente superati con l’ausilio di un pratico del diritto, quale un avvocato esperto della materia, il quale, una volta istruito sul quadro familiare e patrimoniale di riferimento, potrà fornire un valido contributo alla traduzione dei desiderata in precise disposizioni testamentarie. Non a caso, infatti, in alcuni ordinamenti giuridici stranieri, è proprio l’avvocato, nella veste di pubblic notary, a prestare ogni necessaria assistenza in simili occasioni. 

Per ulteriori informazioni o chiarimenti su questo articolo si prega di contattare l'Avv. Giovanni Incardona

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