Studio Legale Internazionale

martedì 28 ottobre 2014

La nuova Legge di Stabilità 2015 ha introdotto il nuovo regime dei minimi che diventa regime agevolato autonomo cd. regime forfetario. Si dovrà comunque attendere l'emanazione del decreto attuativo di concerto con l'Agenzia delle Entrate e INPS.

Modifiche e nuova disciplina.

            Beneficiari del “vecchio” regime dei minimi

In primo luogo, coloro che rientrano nei requisiti del vecchio regime dei minimi, quindi che non hanno terminato i 5 anni di applicazione o non hanno raggiunto i 35 anni di età, possono continuare ad applicare l'imposta sostitutiva al 5% sempre se rispettano il limite dei ricavi fino a 30.000 euro o possono decidere di passare al regime forfetario con una riduzione dell'aliquota sostitutiva di un terzo quindi al 10%.

       Chi non rientra nel regime dei minimi o apre una nuova impresa.

Coloro che, invece, ad oggi non hanno i requisiti per entrare nel regime dei minimi o aprono una nuova impresa, accedono direttamente al nuovo regime agevolato autonomo con aliquota al 15%.


3        Regime transitorio – passaggio dal regime dei minimi al nuovo regime autonomo cd. forfetario.
Il regime transitorio, quindi, il passaggio dai minimi al nuovo regime autonomo cd. forfetario, stabilisce per coloro i quali al 31 dicembre 2014 si trovino nel regime dei minimi, la possibilità di effettuare il passaggio automatico al regime forfetario se possiedono determinati requisiti: 
-          non abbiano effettuato spese per collaboratori sopra i 5.000 lordi;
-    non abbiano avuto spese per l'acquisto di beni strumentali sopra ai 20.000 e che l'attività non rappresenti la mera prosecuzione rispetto ad un’eventuale precedente attività lavorativa di lavoro dipendente o autonomo.

 Il regime forfetario 2015 riconosce a questi contribuenti un'agevolazione che consiste:
-       nella riduzione di un terzo dell'aliquota sostituiva per gli anni residuali rispetto ai 3 anni di regime agevolato che spettano ai soggetti che applicano il regime delle nuove iniziative produttive o di vantaggio.

Altrimenti i nuovi minimi possono continuare ad applicare l'imposta del 5% fino al completamento dei 5 anni ovvero fino al 35º anno di età.

4    Soglie di ricavi e compensi fissati dal Ddl Stabilità per la permanenza nel regime dei minimi 2015.

Nel nuovo regime dei minimi cd. forfetario, il reddito viene quindi stabilito forfettariamente, ossia,  applicando un coefficiente di redditività sul reddito complessivo dato dalla somma di ricavi/ compensi oltre le uscite con la sola possibilità di deduzione dei contributi previdenziali versati nell'anno di imposta. Sul reddito così calcolato si applica poi l'aliquota del 15% per IRPEF e addizionali regionali e comunali e IRAP. Se i ricavi e i compensi superano le soglie elencate, il contribuente fuoriesce dal regime agevolato.

5    Differenza rispetto al “vecchio”regime

La sostanziale differenza rispetto al vecchio regime è che nel 2015 tutti possono entrare nel regime agevolato autonomo a patto che non vengano superati i limiti dei ricavi, che, a seconda dell'attività svolta, variano dai 15.000,00 ai 40.000,00.

Per converso, fino al 2014 si poteva entrare nel regime dei minimi nel rispetto di requisiti molto rigidi in merito al limite di età e ricavi a 30.000.

lunedì 27 ottobre 2014

Gli istituti bancari, applicando l’anatocismo, hanno di fatto sottratto denaro non dovuto ad un considerevole numero di risparmiatori, sia privati che aziende.
A determinare tale indebito arricchimento a favore degli istituti di credito è la pratica di capitalizzazione trimestrale degli interessi, dichiarata illegittima dalla Corte di Cassazione.

la Suprema Corte è, infatti, recentemente intervenuta sull’argomento per ribadire ancora una volta l’illegittimità della pratica anatocistica, con sentenza n. 15135 del 2 luglio 2014, con la quale ha stabilito che l’anatocismo su base trimestrale non può neppure essere sostituito da quello annuale.


COSA SI INTENDE PER ANATOCISMO BANCARIO

Il termine “anatocismo bancario indica quel fenomeno giuridico-contabile per il quale gli interessi maturati sulle somme a debito del conto corrente e/o del mutuo bancario concesso al cliente, si sommano con il capitale, divenendo a loro volta produttivi di ulteriori interessi al tasso predeterminato dalle condizioni contrattuali.
In altre parole, l’anatocismo può essere definito come l’applicazione degli interessi sugli interessi.
La normativa codicistica (art. 1283 c.c.) pone, in generale, il divieto di anatocismo, permettendolo solo a determinate condizioni e con salvezza degli “usi contrari”.
Tale previsione, nello specifico, stabilisce che gli interessi possano maturare su altri interessi, salvo usi contrari, solo dal giorno della domanda giudiziale o come conseguenza di un accordo successivo alla scadenza di tali interessi e purché si tratti di interessi dovuti per almeno sei mesi.
Ove manchi la domanda o tale accordo successivo al maturare degli interessi, gli interessi possono essere conteggiati solo sul capitale scaduto.
Fino a poco tempo fa, le banche ritenevano che nei rapporti di conto corrente vi fosse un “uso normativo” di capitalizzare gli interessi che consentisse un’eccezione alla regola generale fissata dall'art. 1283 c.c. La suddetta pratica anatocistica si è protratta sino a quando, cambiando orientamento (sentenze nn. 2374, 3096 e 3845/1999) la Cassazione ha affermato l’illiceità del sistema ed il Governo è intervenuto con una nuova legislazione che ha regolamentato la materia (D.lgs. 4 agosto 1999 n. 342).

COME CALCOLARE IL TASSO ANATOCISTICO
Da un punto di vista pratico, il correntista e/o mutuatario, cui venisse applicato l’anatocismo dal proprio istituto bancario, si vedrebbe obbligato al pagamento sia del capitale, sia degli interessi pattuiti, nonché degli ulteriori interessi applicati agli interessi scaduti.
Per meglio comprendere la dinamica anatocistica, risulta utile il seguente esempio.
Supponiamo che un correntista nell’anno abbia uno scoperto medio sul conto corrente di €. 10.000,00 ed il tasso di interesse passivo medio sia del 5% a trimestre.

Quello che segue è il sistema di calcolo legale:

TASSODI INTERESSE: 5% TRIMESTRALE – CAPITALE A DEBITO: 10.000,00
TRIMESTRE
CAPITALE
INTERESSE
SALDO DI C/C

               I
10.000,00
500,00
10.500,00

               II
10.000,00
500,00
11.000,00

               III
10.000,00
500,00
11.500,00

               IV
10.000,00
500,00
12.000,00

TOTALE INTERESSI PASSIVI ANNUALI: 2.000,00 (interesse SEMPLICE)


Questo, invece, il sistema di calcolo adottato illegittimamente dagli istituti di credito:
TRIMESTRE
CAPITALE
INTERESSE
SALDO DI C/C
               I
10.000,00
500,00
10.500,00
               II
10.500,00
525,00
11.025,00
               III
11.025,00
551,25
11.576,25
               IV
11.576,25
578,81
12.155,06
TOTALE INTERESSI PASSIVI ANNUALI: 2.155,06 (interesse COMPOSTO)

Come si evince, con la capitalizzazione trimestrale gli interessi nell’anno ammonteranno ad €. 2.155,06, mentre senza capitalizzazione essi ammonteranno ad € 2.000,00.
Pertanto, qualunque cittadino o azienda che abbia intrattenuto con un istituto bancario rapporti di conto corrente, usufruendo di apertura di credito con saldi passivi può avere subìto degli illeciti addebitamenti di interessi anatocistici. A identica conclusione si perviene nell’ipotesi di mutui bancari.

COME OTTENERE IL RIMBORSO PER ANATOCISMO BANCARIO
Per accedere alla restituzione delle somme indebitamente pagate è importante sapere che:
a)      il conto corrente non deve essere ancora chiuso ovvero deve essere stato chiuso entro gli ultimi dieci anni;
b)      il correntista deve produrre il contratto di conto corrente, nonché gli estratti conto trimestrali completi di elenco movimenti. Riassunto scalare e riepilogo competenza. Con riferimento al mutuo bancario, il correntista dovrà produrre il relativo contratto ed ogni documento informativo inerente.

CONSULENZA ANATOCISMO 
L’iter da intraprendere è il seguente:
  • Pre - analisi contabile
  • Assunzione dell’incarico da parte dello studio
  • Redazione della perizia
  • Diffida alla banca
  • Ricorso alla procedura di mediazione obbligatoria ai sensi del D.lgs n.28/2010
  • In caso di mancato accordo, citazione in giudizio dell’istituto di credito.

Il team di Diritto Bancario dello studio Giambrone ,  coordinato dall’ Avv. Pietro Alosi, a seguito dell’analisi preliminare, offre la possibilità di proseguire con l’accertamento dell’anatocismo bancario da parte dalla banca e il relativo recupero del maltolto.
Per ulteriori informazioni è possibile contattarlo tramite mail al seguente indirizzo: pietro.alosi@giambronelaw.com




È stata riconosciuta dal Tar la legittimità della previsione di uno Statuto per i Consorzi di gestione degli imballaggi.

Forma consortile come strumentale al perseguimento delle finalità di interesse pubblico

I consorzi hanno una personalità giuridica di diritto privato, senza fine di lucro, ma al contempo svolgono funzioni di interesse generale per la collettività, assumendo un rilievo di carattere pubblicistico nel campo ambientale, poiché contribuiscono alla protezione dell’ambiente e alla salute dell’uomo.

Obbligo della forma consortile - Casistica

Le ragioni di tale rilevanza pubblicistica sono rintracciabili nella costituzione ex lege dei Consorzi e nell’obbligo dei produttori, i quali non provvedano secondo modalità alternative come ad esempio: -
-       l’organizzazione autonoma dei propri rifiuti di imballaggio;
-       attestazione di messa in atto di un sistema di restituzione dei propri imballaggi,
di partecipare a consorzi stessi per adempiere le prestazioni e conseguire gli obiettivi di interesse pubblico stabiliti dagli ordinamenti comunitario e nazionale, ossia:
-       ritirare e garantire il riciclaggio dei rifiuti di imballaggio provenienti dalla raccolta differenziata effettuata dai Comuni;
-       raccogliere gli imballaggi secondari e terziari da utenze produttive private e avviarli al recupero e al riciclaggio.

Mezzi finanziari per il funzionamento del Consorzio

I mezzi finanziari per il funzionamento dei Consorzi provengono in larga parte da risorse degli utenti, operatori, consumatori, mediante l’applicazione di un contributo ambientale (Cac).
Questo contributo, pur non avendo carattere tributario, diviene parte integrante del prezzo di vendita dell’imballaggio con una traslazione del costo a carico del consumatore finale.

Poteri di vigilanza dell’Amministrazione sui consorzi

Lo statuto del Consorzio deve rispettare il prototipo adottato con decreto ministeriale, in quanto le risorse necessarie per lo svolgimento dell’attività del consorzio di filiera sono garantite da norme di legge per conseguire obiettivi di carattere generale posto a carico dei cittadini.

Avv. Martina Chiello
Studio Legale Giambrone


Info: 091 7434778 
martina.chiello@giambronelaw.com 



giovedì 23 ottobre 2014

Il “contratto di rete” formalizza l’accordo con cui due o più imprese individuano occasioni di collaborazione e scambio nell’ottica del raggiungimento di obiettivi condivisi di incremento e potenziamento della propria capacità innovativa e della competitività aziendale, fermo restando la autonomia delle singole parti contraenti.
Al di là della responsabilità limitata al fondo patrimoniale comune per le obbligazioni contratte per il perseguimento del progetto di rete, la riduzione dei costi di gestione, la possibilità di favorire lo sviluppo di nuove competenze, prodotti e know-how, come la opportunità di accedere al credito sulla base di appositi modelli di rating e a specifiche agevolazioni fiscali, costituiscono i più significativi vantaggi offerti da questo nuovo strumento contrattuale alle moderne realtà imprenditoriali. 


Chi può ricorrere al contratto di rete di impresa

Possono ricorrere allo strumento contrattuale in esame esclusivamente coloro i quali esercitino una “attività imprenditoriale”, indipendentemente dalla veste giuridica assunta (imprese individuali, società di persone, società di capitali, imprenditori pubblici, enti pubblici - purchè abbiano, in quest’ultimo caso, come scopo principale o esclusivo lo svolgimento di un’attività di impresa, non necessariamente commerciale- etc). Ai fini del contratto, non assumono rilevanza preclusiva i fenomeni di collegamento o eventuali rapporti partecipativi tra i soggetti.
La struttura “aperta” del contratto, rende quest’ultimo uno strumento vivente e dinamico, teso all’adesione futura di nuovi soggetti. A tale riguardo, sarà opportuno predisporre originariamente, in sede redazionale, i criteri soggettivi ed oggettivi, i requisiti necessari alla ammissione e le concrete modalità in cui essa viene accordata.

La forma, la pubblicità e le semplificazioni introdotte a Settembre

La legge,  anteriormente alle semplificazioni introdotte a Settembre, richiedeva la forma della scrittura privata autenticata o dell’atto pubblico notarile “ai fini degli adempimenti pubblicitari di cui al comma 4-quater”, ovvero a fini dell’iscrizione del documento presso  la Sezione del Registro delle imprese in cui è registrata ciascuna impresa partecipante. Tale adempimento, invero, assume un rilievo centrale in quanto da esso dipende -tutt’oggi- l’efficacia del contratto non solo nei confronti dei terzi, ma anche dei partecipanti.

Come anticipato, a far data dal 25 Agosto 2014, giorno in cui è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il DM 122/2014, con annesso  il modello standard per la trasmissione del contratto di rete al registro delle imprese,  è stata rivoluzionata la procedura inerente alla sottoscrizione del contratto e alla sua registrazione.  Alla data odierna, il contratto può “anche” essere firmato direttamente dai singoli imprenditori -o legali rappresentanti delle società coinvolte nel contratto, in ossequio a quanto previsto dagli artt. 24 e 25 del Dlgs 82/2005 in materia di firma digitale, senza ricorrere ad alcuna autenticazione. Il modello, una volta compilato e sottoscritto con firma digitale, può essere trasmesso al Registro delle Imprese attraverso la procedura telematica resa disponibile nell’apposita area web a ciò dedicata sul sito del registro delle imprese. Completata la registrazione, il sistema rilascia una ricevuta attestante il completamento dell’operazione. Stesse regole formali e pubblicitarie potranno essere osservate in seguito, nei casi in cui si rendano necessarie modifiche soggettive, oggettive e/o contenutistiche del contratto.
  
L’oggetto del contratto 

L’art. 3, comma 4-ter, della Legge 9 aprile 2009, n. 33 (con cui è stato convertito l D.L. 10 febbraio 2009), così come modificato dal D.L. del 31 maggio 2010, n. 78 convertito nella Legge 30 luglio 2010, n. 122, prevede espressamente, con riferimento all’oggetto del contratto, che
“più imprenditori, allo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato”, si obblighino “a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa”. 

I contenuti

L’art. 3 comma 4-ter della Legge 9 aprile 2009 n. 33, così come modificato dalla Legge 30 luglio 2010, n. 122, è la norma di riferimento per la disciplina dei contenuti del contratto di rete. Alcuni elementi devono essere inseriti tassativamente, altri, invece, possono essere inseriti a mera discrezione delle parti contraenti.
Tra gli elementi essenziali, si annoverano i seguenti :

-         Nome, ditta, ragione / denominazione sociale di ogni partecipante
-         La indicazione degli obiettivi strategici di innovazione
-      Un programma di rete (con annessa indicazione dei diritti e degli obblighi di ciascun contraente, i modi in cui può essere realizzato l’affare)
-         La durata del contratto
-         Le regole che disciplinano l’adesione di nuovi contraenti
-         Le regole per la assunzione delle decisioni
Tra gli elementi facoltativi, invece, si annoverano i seguenti :
-         La istituzione di un fondo patrimoniale comune
-         La nomina di un organo comune incaricato di gestire la esecuzione del contratto
-         Clausole legittimanti il recesso anticipato


Il trattamento fiscale della rete di impresa

L’art. 42 del D.L. 31 maggio 2010 n. 78 (convertito nella Legge del 30 luglio 2010 n. 122), ha introdotto un’agevolazione fiscale in favore delle imprese contraenti. In particolare,  gli utili di esercizio che le parti abbiano accantonato in un’apposita riserva e destinato al fondo patrimoniale per la realizzazione degli investimenti previsti dal programma di rete, qualora esso sia stato asseverato dagli organismi abilitati, vengono assoggettati ad uno speciale regime di sospensione di imposta che opera ai soli fini delle imposte sui redditi (IRPEF ed IRES).

La sospensione opera su una variazione in diminuzione della base imponibile, che si protrae per tutti gli esercizi successivi sino al verificarsi degli eventi che pongono termine alla agevolazione.
L’agevolazione può essere fruita solo in sede di versamento del saldo delle imposte sui redditi. Ai fini del calcolo degli acconti, quindi, l’accantonamento a riserva non produrrà alcun effetto, dovendosi calcolare gli acconti senza tener conto dell’agevolazione. Ove gli acconti versati risultassero eccedenti l’imposta dovuta, per effetto della variazione in diminuzione del reddito si genererà un credito di imposta (IRPEF/IRES) utilizzabile secondo le modalità ordinarie.

Quanto ai presupposti, possono accedere a tale agevolazione le imprese che abbiano sottoscritto il contratto di rete di impresa, indipendentemente dalla loro forma giuridica, ragione sociale, dimensione aziendale. Inoltre, il contratto deve essere stato regolarmente registrato 

Il programma di rete deve essere stato preventivamente asseverato da parte degli Organismi a   ciò preposti 

Gli importi destinati dall’impresa partecipante al contratto di rete devono costituire una quota degli utili di esercizio accantonati a riserva (con tutto ciò che ne consegue sotto il profilo   degli adempimenti informativi e contabili).

 Le somme accantonate devono essere destinate alla realizzazione degli investimenti del programma di rete;
La effettiva destinazione degli utili conferiti al fondo rispetto al programma che il contratto tende a realizzare, è uno dei presupposti essenziali per godere dell’agevolazione fiscale. Ciò è soprattutto dimostrato dal fatto che il regime di sospensione dall’imposta sui redditi può venir meno, oltre che nel caso di recesso dal contratto di rete, nel caso in cui la riserva venga utilizzata per scopi diversi dalla copertura delle perdite; 

Il programma di rete dovrà dunque contenere la previsione e la individuazione degli investimenti che in concreto debbono essere realizzati. Tali “investimenti” possono consistere tanto nell’assunzione dei costi per l’acquisto o utilizzo di beni e/o servizi quanto nell’assunzione dei costi per l’utilizzo di personale.

È opportuno segnalare come l’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 15/E del 14 Aprile 2011, abbia già offerto i primi chiarimenti del caso. Sono considerati ammissibili anche i costi relativi a beni, servizi e personale messi a disposizione da parte delle imprese aderenti al contratto di rete, rilevando a tale fine il costo figurativo relativo all’effettivo impiego di detti beni, servizi e personale. Sarà quindi onere di chi voglia fruire dell’agevolazione dimostrare, con prove documentali di natura contabile ed amministrativa, che detti costi sono stati sostenuti per dare attuazione al programma di rete. E’ inoltre necessario che gli investimenti del programma di rete siano realizzati entro l’anno successivo alla delibera di accantonamento degli utili.


Avv. Giovanni Incardona 

for Giambrone 

giovanni.incardona@giambronelaw.com 


Soggetti beneficiari dell’agevolazione

L’agevolazione di Invitalia per la microimpresa è rivolta a persone che intendono avviare un’attività imprenditoriale nella forma di società di persone, escludendo pertanto le ditte individuali, le società di capitali, le cooperative, le società di fatto e le società aventi un unico socio.


Requisiti per la presentazione della domanda:

Almeno la metà numerica dei soci deve detenere almeno la metà delle quote di partecipazione;
Deve essere maggiorenne alla data di presentazione della domanda;
Non occupato alla data di presentazione della domanda[1];
Residente nel territorio nazionale alla data del 1 gennaio 2000 oppure da almeno sei mesi alla  data di presentazione della domanda, nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale  vigente in materia.
La sede legale, operativa e amministrativa deve essere ubicata nelle regioni: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. 

Attività finanziabili
Le iniziative possono riguardare la produzione di beni e la fornitura di servizi.
L'investimento complessivo non può superare i €129.114 Iva esclusa.
L’attività finanziata deve essere svolta per un periodo di almeno cinque anni a decorrere dalla data di delibera di ammissione alle agevolazioni.
    
Le agevolazioni
Le agevolazioni previste sono di due tipi:
  1. agevolazioni finanziarie, per gli investimenti e per il 1° anno di gestione;
  2. servizi di sostegno nella fase di realizzazione e di avvio dell’iniziativa
L’entità di ciascuna singola agevolazione non è predefinita, ma è il risultato di un calcolo che deve essere effettuato nel rispetto del principio che prevede che l’importo del mutuo a tasso agevolato per gli investimenti non possa essere inferiore al 50% del totale delle agevolazioni concedibili.
Il finanziamento a tasso agevolato è restituibile in un massimo di sette anni, con rate trimestrali costanti posticipate.

Le spese di investimento e di gestione considerate ammesse ai fini del calcolo dell’ammontare delle agevolazioni sono 

Per l’investimento:
       Attrezzature, macchinari, impianti e allacciamenti;
       Beni immateriali a utilità pluriennale. 
       Ristrutturazione di immobili, entro il limite massimo del 10% del valore degli      investimenti. 
Per la gestione:
       Materiale di consumo, semilavorati e prodotti finiti, nonché altri costi inerenti al processo         produttivo;
       Utenze e canoni di locazione per immobili;
       Oneri finanziari(con l'esclusione degli interessi del mutuo agevolato);
       Prestazioni di garanzie assicurative sui beni finanziati;
       Prestazione di servizi                                                                                                                         
Modalità di erogazione del finanziamento
    In generale è prevista l’erogazione del finanziamento in due soluzioni, ossia una somma data come acconto e una consegnata a titolo di saldo.
      Gli investimenti dovranno essere realizzati entro 6 mesi dalla data di stipula del contratto di finanziamento; entro lo stesso termine dovrà essere presentata la richiesta del saldo per le relative spese, pena la revoca del finanziamento concesso. Eventuali proroghe potranno essere concesse solo in caso di gravi e documentati impedimenti.
                                                                                                                                                                 


      Avv. Martina Chiello 
      martina.chiello@giambronelaw.com 





      [1] Si considerano occupati ai sensi dell’art.17 del D.Lgs. 185/00 e quindi non possono avvalersi di questa agevolazione:
      1. i titolari di rapporti di lavoro dipendente (a tempo determinato e indeterminato, anche a tempo parziale)
      2. i titolari di contratti di lavoro a progetto, intermittente o ripartito
      3. i soggetti che esercitano una libera professione
      4. i titolari di partita IVA, anche se non movimentata
      5. gli imprenditori, familiari (nel caso di impresa familiare) e coadiutori di imprenditori
      6. gli artigiani

      venerdì 17 ottobre 2014

      Anche in Italia sta crescendo l’attenzione per il problema dell’obiezione di coscienza degli operatori sanitari, soprattutto in campo dell’aborto, nella direzione dell’applicazione sempre più disinvolta e frequente di quello che somiglia sempre più all’esercizio di un privilegio.
      Il problema dell’obiezione di coscienza nasce in campo militare allorché, con la coscrizione obbligatoria, ai primi del ’900 alcuni cittadini obiettarono al servizio di leva. Quando negli anni ’60 la situazione socio-culturale mutò profondamente e le società occidentali cominciarono a perdere la tradizionale organicità sociale ed a diventare meno militarizzate, l’obiezione di coscienza al servizio militare di leva è diventata un’opzione diffusa per molti giovani cittadini.  Tralasciando le possibili osservazioni sulla sincerità di molti giovani verso l’impegno per la non violenza e la contrarietà al non-uccidere, c’è da prendere atto che la richiesta di obiezione di coscienza al servizio militare si è completamente dissolta non appena la legge statale ha abolito quello che in passato era ritenuto un sacrosanto e indefettibile dovere per tutti i cittadini maschi, ossia la difesa della patria.  Negli anni in cui in Italia veniva posto con forza il problema dell’obiezione di coscienza al servizio militare (anni ’70), in Europa occidentale e anche in Italia si procedeva alla legalizzazione dell’aborto.

      I critici di allora hanno subito sostenuto che tale pratica comportasse una forma di omicidio, cosicché è stata subito sottolineata la stretta analogia tra l’obiezione di coscienza all’aborto e quella al servizio militare.  

      A prescindere dalla discussione della validità dell’analogia tra aborto e guerra e sul fatto se l’aborto sia davvero una forma di omicidio, si deve prendere atto che l’analogia tra aborto e guerra è molto frequente, e che secondo alcuni essa sta alla base della clausola al riguardo prevista dalla legge 194/78 che in Italia ha legalizzato l’interruzione della gravidanza.
      Sembra perfettamente legittimo e corretto che nel 1978, la legge 194 dovesse prevedere la facoltà di sollevare obiezione di coscienza per tutti i medici che già erano entrati nella professione prima dell’approvazione della legge medesima. L’avvento dell’aborto ha comportato un cambiamento significativo del compito sanitario, per cui coloro che avevano scelto di fare il medico in precedenza quando tale pratica non era prevista avevano il diritto di chiedere di continuare a lavorare sulla scorta delle regole tradizionali e di non vedersele cambiare in corso d’opera. Questa richiesta dipende dai principi generali di rispetto dei diritti acquisiti e dalla non-retroattività delle leggi. 
      Ma la legge 194/78 ha concesso questa facoltà non solo a coloro che già erano nella professione sanitaria o avevano già iniziato il percorso al riguardo (gli studenti in medicina), ma a tutti gli operatori sanitari, quasi riconoscendo alla medicina uno speciale status che la colloca al di fuori o al di sopra della legge.
      Se è indubitabile che l’obiezione di coscienza sia un diritto, è altrettanto indubitabile che la suddetta affermazione abbia un significato ambiguo, strettamente vincolato al contesto.
      Dobbiamo ricordare che nessun diritto è assoluto, ma dipende dagli altri diritti con cui può entrare in conflitto – in questo caso la garanzia del servizio di interruzione volontaria della gravidanza – e con i doveri professionali. La 194, pur prevedendo la possibilità di ricorrere all’obiezione, traccia confini abbastanza chiari e stabilisce la gerarchia da seguire: prima la richiesta della donna, poi la coscienza dell’operatore sanitario. Tuttavia, questi confini sono violati sempre più spesso e con un’inspiegabile strafottenza.

      Secondo l’articolo 9.2, gli operatori sanitari possono essere esonerati «dal compimento delle procedure e delle attività specificamente e necessariamente  dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, e non dall’assistenza antecedente e conseguente all’intervento».

      Inoltre «gli enti ospedalieri e le case di cura autorizzate sono tenuti in ogni caso ad assicurare l’espletamento delle procedure previste dall’articolo 7 e l’effettuazione degli interventi di interruzione della gravidanza richiesti secondo le modalità previste dagli articoli 5, 7 e 8».  

      L’obiezione di coscienza «non può essere invocata dal personale sanitario, ed esercente le attività ausiliarie quando, data la particolarità delle circostanze, il loro personale intervento è indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo».

      I confini dell’esercizio dell’obiezione di coscienza sono abbastanza netti. Il servizio Ivg dovrebbe essere sempre garantito ed è illegale che in una struttura non vi sia la possibilità di abortire.
      I numeri ufficiali rimandano un aumento costante negli anni, e che ha raggiunto livelli di palese illegalità. La relazione ministeriale sull’applicazione della 194 del 2013 conferma una media nazionale che supera il 70% di ginecologi obiettori. 
      Secondo i dati ufficiali, nel 2012 le interruzioni volontarie di gravidanza sono state 105.968: sono diminuite del 4,9 per cento rispetto alle 111.415 del 2011. La diminuzione è più evidente se si considera che nel 1982 sono state eseguite 234.801 Ivg, con un decremento del 54,9 per cento.
      Il tasso di abortività, cioè il numero di interruzioni volontarie di gravidanza per 1.000 donne tra i 15 e i 49 anni, nel 2012 è di 7,8 per 1.000, con un decremento dell’1,8 per cento rispetto al 2011 e del 54,7 per cento rispetto al 1982. È uno dei valori più bassi dei paesi industrializzati.
      È dal 1983 che il numero delle Ivg diminuisce costantemente e relativamente a tutti i gruppi di età, minorenni comprese (nel 2011 il tasso è stato di 4,5 per 1.000). Diminuiscono anche le interruzioni ripetute e quelle dopo i primi 90 giorni. Le donne straniere costituiscono un terzo delle Ivg totali, ma la diminuzione si comincia a osservare anche in questo dominio.

      Volgendo l’attenzione all’obiezione di coscienza si osserva il fenomeno opposto. Negli ultimi trent’anni l’aumento è stato del 17,3 per cento.
      Se si considera la nuova situazione creatasi, allora, paradossalmente, proprio l’analogia tra obiezione al servizio militare e all’aborto mostra come quest’ultima sia priva di sostegno razionale, non potendo contare su alcuna ragione valida.
      Infatti, la legge circa la professione militare prevede che in essa si compiano azioni militari che possono comportare l’uccisione di nemici. Sulla scorta di questa situazione, il cittadino che sceglie di arruolarsi e di abbracciare la professione militare non ha poi titolo di obiettare all’azione militare prevista dalla professione. Il pacifista che rifiuta la guerra, ha infatti la facoltà di non arruolarsi e di scegliere un’occupazione diversa da quella militare. Se un cittadino sceglie di fare il militare, sa già sin dall’inizio che essa comporta la possibilità di partecipare ad azioni militari, e quindi ipso facto non ha senso che avanzi la pretesa di obiettare alle stesse.
      Sulla scorta dell’analogia proposta dai pro-life, la stessa cosa vale in campo medico. Infatti, la legge oggi prevede che tra i compiti del medico ci sia anche l’aborto.
      Un giovane che sceglie di fare il medico sa già sin dall’inizio che l’aborto è un intervento sanitario previsto dalla professione. Ove in coscienza fosse contrario a tale pratica, semplicemente sceglierà una professione diversa (analogamente a quanto avviene col servizio militare elettivo).

      Anzi, l’analogia si rivela interessante perché ci porta a chiarire un ulteriore aspetto: il soldato che ha scelto di arruolarsi non ha titolo a obiettare alle azioni militari normali ma può ancora essere indisponibile a svolgere le azioni speciali riservate a gruppi scelti. Ove tuttavia optasse di far parte di un gruppo scelto, perderebbe anche il titolo di obiettare alle eventuali azioni speciali. Analogamente, un medico che sceglie la professione sanitaria non ha titolo all’obiezione generale all’aborto, ma potrebbe essere indisponibile a attuare l’intervento. Tuttavia, se opta di far parte del gruppo scelto di chi è specializzato al riguardo, in forza dell’analogia sopra ricordata è perlomeno dubbio che possa poi vantare un titolo per la pratica specifica.
      Il funzionamento di società complesse come la nostra si avvale dei servizi svolti dalle diverse professioni, i cui compiti specifici e il cui coordinamento è affidato al diritto che così facendo garantisce l’efficienza della vita sociale.

      Le norme giuridiche stabiliscono i doveri dei giudici, degli avvocati, degli ingegneri, dei giornalisti, dei giornalai, dei taxisti, dei militari, dei medici, dei farmacisti, e via dicendo. Non svolgere con puntualità e precisione il compito previsto è omissione di servizio pubblico, una mancanza che non è giustificata e va sanzionata perché reca danno a terzi, i quali hanno diritto alla prestazione.


      Avv. Anna Realmuto